Recesso del socio di s.r.l. e limiti al trasferimento delle partecipazioni

La fattispecie del recesso del socio di s.r.l. è disciplinata dall’art. 2473 c.c. che suddivide le cause che legittimano la fuoriuscita del socio dal rapporto societario in due macro categorie: convenzionali (o volontarie) e legali. Una delle ipotesi legali di recesso contemplata dal diritto societario è rappresentata dall’esistenza, nello statuto societario, di particolari clausole che limitano la circolazione delle quote della società. In particolare, a norma dell’art. 2469 c.c. è riconosciuto al socio il diritto di recedere dal rapporto societario in presenza di clausole statutarie che dispongono l'intrasferibilità della quota o che pongono condizioni (o limiti) che impediscono il trasferimento mortis causa della partecipazione societaria, ovvero consentono il trasferimento delle partecipazioni previo consenso di un determinato soggetto (c.d. clausole di “gradimento”). Le clausole di gradimento, tuttavia, non sempre attribuiscono al socio il diritto di recesso. Infatti, il gradimento non mero – poiché vincola a parametri oggettivi il soggetto che lo deve esprimere – non può in alcun modo attribuire il diritto di recesso al soggetto cui è rifiutato il trasferimento. Diversamente, invece, il mero gradimento consente al socio – che si vede rifiutato il placet al trasferimento – il diritto di recesso dalla società, con conseguente liquidazione della quota sociale. In tal senso, si è espresso anche il Consiglio Notarile di Milano, con la massima n. 151 del 17 maggio 2016, ritenendo legittima – qualora vi sia una clausola statutaria che subordini il trasferimento delle partecipazioni sociali al gradimento di organi sociali, di soci o di terzi, senza prevederne condizioni e limiti (clausole di mero gradimento) – la previsione della limitazione dell’esercizio del diritto di recesso ai soci solo nel caso in cui il gradimento venga richiesto e negato.