La Corte Costituzionale amplia la rilevanza penale delle compensazioni illecite

Con la sentenza n. 35 del 21.02.2018 la Corte Costituzionale ha ampliato l’estensione della fattispecie penale prevista dall’articolo 10-quater del D.Lgs. n. 74/2000. Secondo la predetta sentenza, infatti, risponderebbe del delitto contenuto nell’articolo 10 quater non solo chi omette di versare imposte dirette ed IVA utilizzando indebitamente in compensazione crediti di altre imposte, ma anche coloro che si avvalgono dell’artificio per evitare il versamento di imposte dirette, IVA o contributi dovuti ad enti di previdenza. Considerato che il D.Lgs. n. 74/2000 trova applicazione nei confronti delle sole imposte dirette ed IVA, la pronuncia in commento estende in via interpretativa l’ambito di applicazione delle fattispecie penali oltre al suo confine “tradizionale”. Ricordiamo che secondo quanto attualmente previsto dall’articolo 10 quater del D.Lgs. n. 74/2000 sono puniti: i) con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa le somme dovute, utilizzando in compensazione, crediti non spettanti, per un importo annuo superiore a cinquantamila euro; ii) con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni chiunque non versa le somme dovute, utilizzando in compensazione crediti inesistenti per un importo annuo superiore ai cinquantamila euro. Nel caso esaminato dalla Corte Costituzionale veniva eccepita l’illegittimità costituzionale della fattispecie prevista precedentemente alle modifiche del D.Lgs. n. 158/2015 sulla base del fatto che le compensazioni illecite erano punite sulla base del superamento di una soglia inferiore rispetto alla omogenea fattispecie prevista in caso di dichiarazione infedele. Il Giudice delle Leggi ha dichiarato infondata la questione di legittimità costituzionale sulla base del fatto che le fattispecie poste a confronto si presentano eterogenee per oggetto materiale, condotta tipica e sfera di tutela.