Le contribuzioni provvigionali ai subagenti assicurativi: problematiche accertative e elementi di difesa

Ultimamente è stato riscontrata una focalizzazione dell'Ufficio Controlli dell'Agenzia delle Entrate sulla natura e deducibilità dei contributi provvigionali, in particolar modo nel settore assicurativo. Non è raro, infatti, il caso in cui l'agente principale, al fine di garantire uno standard minimale di ricavi ai propri subagenti, eroghi delle somme a generica copertura dei costi sostenuti dal collaboratore al fine di favorirne l'avviamento professionale. Per gli uffici accertatori tali somme, se non strettamente legale (e quindi scomputate a saldo) da provvigioni effettivamente conseguite dal subagente in via definitiva, non sarebbero da riconoscere come deducibili per l'impresa erogante. Ecco quindi che la tematica si inserisce nel più ampio contesto della inerenza dei costi e della presunta necessità di stretta correlazione con ricavi (tesi sostenute dall'amministrazione finanziaria) o con l'attività effettivamente esercitata dall'azienda (come sancito costantemente dalla dottrina e affermato anche dalla giurisprudenza di legittimità). Con l'auto di un case study tratto dalla realtà professionale provvederemo a esplicitare quali sono le contestazioni avanzate dagli uffici e gli elementi di difesa che possono essere contrapposti a salvaguardia delle ragioni del contribuente. Come vedremo molteplici sono le argomentazioni demolitorie delle tesi dell'Ufficio.