La venuta meno della pluralità dei soci nelle società di persone

Una società di persone si costituisce necessariamente mediante un atto plurilaterale, a differenza di quanto accade nell’ambito delle società di capitali. Può accadere che le società di persone, in seguito al recesso, alla morte o all’esclusione di uno o più soci, che costituiscono la compagine sociale, resti con un unico socio superstite. Si apre così un periodo particolare, della durata di sei mesi, nel corso del quale il socio superstite deve decidere se proseguire l’esercizio dell’attività d’impresa ovvero cessarla. In ogni caso questi deve eseguire gli adempimenti civilistici e fiscali (liquidare la quota agli eredi, liquidare la società, emettere le fatture, presentare le dichiarazioni fiscali, …) nonché le necessarie operazioni gestionali che, a seconda dei casi mirano alla finalità di: I. conseguire il profitto, nel caso della prosecuzione dell’attività gestoria; II. Soddisfare i creditori sociali, gli eredi e gli altri soci usciti dalla compagine sociale, nel caso dell’ingresso nella fase liquidatoria. La fase liquidatoria subentra, secondo un importante orientamento della giurisprudenza e della dottrina, solo una volta decorsi i sei mesi dal venir meno della pluralità dei soci, posto che la causa dello scioglimento della società non è rappresentata dalla rimanenza del socio superstite, bensì dal vano decorso dei sei mesi laddove, al termine di questo, non è stata ricostituita la pluralità dei soci. L’eventuale prosecuzione dell’attività d’impresa come “ditta individuale” è possibile, ma occorre prestare attenzione alla corretta esecuzione degli adempimenti amministrativi, contabili e fiscali, al fine di realizzare un’operazione fiscalmente neutrale, ai fini dell’IRPEF, dell’IRAP e dell’IVA.