4 luglio 2019

Fatture inesistenti, sequestro e confisca: la responsabilità penale dell’amministratore

Memory n. 132 del 04.07.2019 a cura di Riccardo Malvestiti

Con sent. Cass. n. 25061 del 05.06.2019 la Suprema Corte ha trattato un caso di particolare interesse, in occasione del quale i Giudici di Legittimità hanno accertato la responsabilità penale di un amministratore di una SRL in presenza di fatture per operazioni inesistenti che hanno determinato un profitto di reato tale da rendere valida la confisca dei beni della società. Con la sentenza in commento viene stabilito che la presentazione dell’istanza di ammissione al concordato preventivo, anche con richiesta di accesso alla “rottamazione” è inidonea a impedire il sequestro preventivo in assenza di provvedimenti di ammissione e omologazione. La mera proposizione di un’istanza di definizione (così come la proposta di concordato), in buona sostanza, riduce il sequestro solo se l’impegno al pagamento sia frutto di un accordo, espresso con le diverse forme previste dalla legge. Con riferimento al sequestro, la Cassazione specifica che a nulla rileva il fatto che l’importo corrispondente all’IVA sia già stato sottoposto a sequestro ad un’altra società per utilizzazione delle fatture per operazioni inesistenti: le irregolarità fiscali possono essere accertate sia in capo a chi emette la fattura inesistente, sia in capo a chiunque le utilizzi (sia pure con riferimento a fattispecie di reato differenti). Il sequestro dell’importo corrispondente all’IVA evasa tramite utilizzo di fatture inesistenti (così come nel caso inverso) non vieta quindi il sequestro dell’importo corrispondente a chi ha emesso le fatture inesistenti. Ciò in quanto, ai sensi del DPR n. 633/72, se viene emessa fattura per operazioni inesistenti, ovvero se nella fattura i corrispettivi delle operazioni o le imposte relative sono indicate in misura superiore a quella reale, l’imposta è dovuta per l’intero ammontare indicato.
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