Canoni di locazione “a scaletta” per gli immobili commerciali

Le locazioni di immobili adibiti ad uso diverso da quello di abitazione sono disciplinate dalla L. 392/78.
Le norme relative alla locazione di immobili ad uso non abitativo, a differenza di quella degli immobili abitativi, sostanzialmente sottrae all’autonomia dei privati solo il potere di fissare la durata minima del contratto (ex art. 27 della L. 392/78), mentre le parti sono libere di determinare il canone, nei limiti di cui all’art. 32 della L. 392/78. Tuttavia, si registrano dubbi interpretativi circa l’ammissibilità della previsione di canoni c.d. “a scaletta”, consistenti nella previsione di progressivi aumenti del corrispettivo a cadenze predeterminate. I dubbi nascono dall’interpretazione dell’art. 32 della legge, che limita la possibilità di aggiornare il canone alle variazioni del potere di acquisto della moneta, sottraendola alla disponibilità delle parti. Allo stato attuale, la giurisprudenza ritiene valida la pattuizione di un canone progressivo, purché ciò non costituisca un espediente per aggirare la norma imperativa di cui all’art. 32 (Cass. 10 novembre 2016 n. 22908 e Cass. 26 settembre 2019 n. 23986). Resta, tuttavia, dibattuta la necessità di ancorare gli aumenti ad elementi oggettivi, da indicare in contratto, atti a giustificare la scelta delle parti. Si segnala, infine, l’ulteriore questione relativa alle conseguenze della sussistenza di un patto occulto di maggiorazione del canone. Sul punto, la giurisprudenza maggioritaria ritiene che, in ipotesi di accordo simulatorio sul canone di locazione, non si configuri una nullità testuale per mancata registrazione, bensì una nullità virtuale, perché il patto ha causa illecita, consistente nella volontà delle parti di eludere la norma tributaria (Cass. SS.UU. 9 ottobre 2017 n. 23601).