Il processo tributario: alcuni rischi e opportunità nel ricorso di primo grado

Lo scopo del presente contributo è quello individuare due aspetti contrapposti legati all’instaurazione del contenzioso tributario. Da una parte le opportunità che derivano dall’impugnare un atto di accertamento, che vadano ovviamente al di là, della semplice attività di opposizione alla pretesa fiscale, dall’altra i rischi legati al fatto di percorrere la strada giurisdizionale, piuttosto che definire la pretesa con modalità alternative (prime fra tutte l’adesione o l’acquiescenza). Si deve notare da subito che il rito tributario è connotato da estremo tecnicismo, che recentemente ha assunto anche caratteri di tecnica e perizia di natura informatica, stante l’entrata in vigore del processo tributario telematico (PTT). In considerazione quindi di questi aspetti, il fatto di commettere degli errori nella fase iniziale, o anche di gestione, della lite fiscale, può determinare pesanti ripercussioni sulla sostenibilità della difesa. Per altri versi la corretta gestione del contenzioso di primo grado consente di ottenere importanti “bonus” difensivi e falcidie della pretesa tributaria, che solo il rito processuale, assistito dalla possibilità di applicare le norme del codice di procedura civile, consentono. Si pensi alla possibilità di chiedere la sospensione giurisdizionale dell’esecutività dell’atto (rispetto alla meno efficace sospensione in sede amministrativa) e la possibilità di definire deflattivamente la lite attraverso l’istituto della conciliazione giudiziale. Dall’altro punto di vista, il fatto di invocare l’intervento del giudice determina necessariamente l’onere di dover sopportare il rischio di vedersi addebitare le spese di giudizio, ovviamente in caso di soccombenza del contribuente. Infine, sarà necessario evidenziare le insidie sottese alla dichiarazione di cessata materia del contendere.