22 novembre 2013

Costi infragruppo e problemi di “passive income”

Daily news N. 315 del 22.11.2013 a cura di Fabio Carrirolo

Le disposizioni di contrasto ai fenomeni elusivi tramite CFC (società controllate e collegate estere) sono state messe a punto secondo uno schema imperniato sull'imputazione al soggetto controllante italiano dei redditi conseguiti dai soggetti controllati (in base a una nozione sostanziale, e non meramente formale, di controllo), ovvero delle società semplicemente collegate, residenti nei Paesi inclusi nella black list di cui al D.M. 21.11.2001, pubblicata nella G.U. n. 273 del 23.11.2001 (artt. 167 e 168 del TUIR). In tale prospettiva, a seguito delle innovazioni apportate dal D.L. 1.7.2009, n. 78, convertito dalla L. 3.8.2009, n. 102, ha assunto particolare importanza la composizione dei ricavi delle partecipate estere: se questi, infatti, sono costituiti in via prevalente dai c.d. “passive income” (dividendi, royalties, costi infragruppo, etc.), non può applicarsi in sede di interpello la “prima esimente” (effettiva attività commerciale nello Stato estero) e viene applicata la normativa CFC anche per i soggetti ubicati in aree non – black list (“CFC white”). La sussistenza di un rapporto di controllo (art. 167 TUIR), ovvero di collegamento qualificato (art. 168 TUIR) esclude però la necessità di giustificare i costi derivanti da operazioni con i soggetti black list (art. 110 TUIR).
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