2 marzo 2021

Nota di variazione del fallimento: prassi e giurisprudenza comunitaria

Memory n. 38 del 02.03.2021 a cura di Alessandro Borghese e Mauro Muraca

Nell'ipotesi in cui il cessionario o committente di un'operazione rilevante ai fini IVA non abbia provveduto a pagare il corrispettivo in quanto dichiarato fallito, il cedente o prestatore dell'operazione può emettere la nota di variazione in diminuzione, a seguito dell'accertata infruttuosità della procedura concorsuale. In altri termini, secondo l'orientamento dell'Agenzia delle Entrate, il creditore ammesso allo stato passivo esecutivo del fallimento può emettere la nota di variazione esclusivamente a seguito della scadenza del termine fissato per la presentazione delle osservazioni al piano di ripartizione finale stabilito dal giudice delegato, decorsi quindici giorni dal ricevimento della comunicazione inviata a tutti i creditori (art. 117 co. 1 e 110 co. 3 della L. fall.). Nel caso di insussistenza di somme da destinare alla soddisfazione dei creditori, è necessario fare, invece, riferimento alla scadenza della data entro la quale è possibile proporre reclamo avverso il decreto di chiusura della procedura (C.M. 77/E/2000). Diversamente, in caso di variazione del piano di riparto finale dell'attivo fallimentare, il momento per l'emissione della nota di variazione decorre dalla data di deposito del progetto di riparto finale variato. A partire da questo momento, infatti, è possibile avere certezza sulle somme distribuite ai creditori e sull'infruttuosità della procedura concorsuale (risposta ad interpello 24.6.2020 n. 192). Si rammenta, inoltre, che affinché si possa procedere al recupero dell’IVA (mediante l’emissione di una nota di credito) è necessario che il creditore sia stato preliminarmente ammesso a partecipare al concorso e, pertanto, sarà onere di costui presentare, ai sensi dell’art. 93 della L.F., apposita domanda di insinuazione allo stato passivo del fallimento (C.M. 17.4.2000 n. 77/E). Infatti, in assenza del provvedimento di ammissione allo stato passivo, il creditore non sarebbe in grado di opporre all’Agenzia delle Entrate la prova che il mancato pagamento – alla base dell’emissione della nota di variazione - derivi dall’incapienza dell’attivo fallimentare in sede di riparto. Tale precisazione non è condivisa dalla giurisprudenza comunitaria (Corte di Giustizia UE 11.6.2020 n. C-146/19) per la quale per poter recuperare l’IVA, è sufficiente che il creditore, ancorché non insinuato, sia in grado di dimostrare che, in caso di ammissione allo stato passivo, il credito non sarebbe stato comunque riscosso.
Categorie:Iva  –  Procedure Concorsuali
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