1 aprile 2016

Le differenti metodologie di rivalutazione dei beni di impresa

Memory n. 97 del 01.04.2016 a cura di Alessandro Borghese e Mauro Muraca

L’art. 1, co. 889-895, Legge 28.12.2015, n. 208 ha riproposto la possibilità di iscrivere maggiori valori civilistici sui beni d’impresa, ad eccezione degli immobili-merce, e delle partecipazioni di controllo e collegamento, iscritti nel bilancio dell’esercizio in corso al 31.12.2014. Sotto il profilo operativo, trovano, inoltre, applicazione alcune disposizioni relative a precedenti rivalutazioni, come gli artt. 11, 13, 14 e 15 della L. 21.11.2000 n. 342, il D.M. 13.4.2001, n. 162 e il D.M. 19.4.2002 n. 86, nonché l’art. 1, co. 475, 477 e 478, L. 30.12.2004, n. 311. La rivalutazione dei beni proposta dalla Legge di Stabilità 2016 opera in deroga sia all’art. 2426 c.c. che individua i criteri di valutazione di tali beni a fini civilistici, facendo riferimento al costo di acquisto o di produzione sia ad ogni altra disposizione di legge vigente in materia. Dal lato prettamente operativo, l’art. 5 del D.M. n. 162/2001, prevede tre metodologie di rivalutazione, le quali determinano diversi effetti civilistici e fiscali vale a dire: i) la rivalutazione del valore attivo e del fondo di ammortamento, mantenendo inalterata la durata dell’ammortamento; ii) la rivalutazione del solo valore attivo, con allungamento del processo di ammortamento, se viene mantenuto inalterato il precedente coefficiente; iii) la riduzione del fondo di ammortamento che comporta lo stanziamento di ammortamenti su un costo identico a quello originario. Si rammenta, al riguardo, che l’impresa può liberamente effettuare la scelta tra uno dei tre metodi indicati e ciò anche nel caso in cui si intenda rivalutare beni che hanno subito maggiori ammortamenti in applicazione di norme tributarie (art. 5 del D.M. 13 aprile 2001, n. 162). Ad ogni modo, a prescindere dal metodo utilizzato, la rivalutazione non può comunque comportare l'attribuzione ai beni di un valore superiore ad un determinato limite: il valore attribuito ai beni a seguito della rivalutazione non può, infatti, essere superiore al valore corrente, determinato in base al valore di mercato, ovvero al valore “interno”, determinato dalla consistenza, capacità produttiva ed effettiva possibilità economica di utilizzazione (art. 11, L. 342/2000). A tal proposito, è opportuno precisare che: i) per i beni appartenenti alla stessa categoria omogenea, la rivalutazione va effettuata utilizzando un unico criterio (valore di mercato o valore interno), ferma restando, come accennato, la possibilità di applicare una delle diverse modalità sopra esaminate; ii) il limite economico costituisce un valore massimo; è possibile collocarsi, quindi, ad un livello intermedio tra il valore di bilancio e il valore economico, purché la scelta adottata sia uniforme nell’ambito della medesima categoria omogenea.
Categorie:Bilancio  –  Rivalutazione
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